Nello spettacolo Medee. Sul varcare la figura di Medea viene presa non come madre infanticida ma come santa protettrice dei rifugiati, cioè di tutti coloro che sono bloccati in un limbo dove non si può tornare indietro e non si può andare avanti.
Parliamo dell’impossibilità di passare il confine di se stessi, creato dai nostri corpi tra la terra e il mare, tra continenti e persone. Medee non è teatro politico, è un’esperienza intima dei confini e dell’esperienza del rifiuto.
La drammaturgia musicale è costruita intorno a canzoni tradizionali arabe, persiane e curde cantate da artisti del Cairo, di Teheran e di Istanbul. Le loro voci sono contrastate da canti di confraternite latine.