Alètheia in greco indica lo stato del non essere nascosto, lo stato dell’essere evidente.

Alètheia  mette in dialogo le due principali ricerche che hanno caratterizzato il mio lavoro fino ad oggi: l’abbattimento della forma per svelare l’identità di ciò che resta e che non può essere cancellato e la testimonianza attiva dello spettatore come coscienza e memoria viva. Il sale di cui sono composte le teste è un materiale vivo, che insieme al ferro inglobato in ogni stampo da il via ad una mutazione fisica delle sculture. Ciò che resta dopo l’ossidamento della materia è l’identità, che mai potrà essere cancellata.

I denti infatti sono l’unica impronta indelebile che abbiamo, da cui è possibile estrarre il DNA e che trasforma dei corpi in individui, delle teste di sale in storie.
L’opera, che può essere intesa come installazione plastica e azione partecipata prende così una posizione specifica nel dispositivo mostra: sollecitare il testimone dormiente che abita in ogni spettatore, per metterlo davanti all’incontro con l’altro. Un atto che prima di tutto è politico e che emerge in un momento storico che richiede una visione critica e sincera della realtà.

“Il poeta greco canta per descrivere ciò che è prima del tempo, per strappare delle vite alla dissolvenza del tempo, per riprodurre in terra l’ordine che il tempo non scalfisce."

Prodotto dal Grotowski Institute di Wroclaw, Polonia.

Il progetto sarà realizzato all’interno del programma ITI/UNESCO World Performing Arts Capital 2022- 2023

Residenza d'artista Villa Greppi

Primavera 2021, Monticello Brianza (LC)

Produzione Grotowski Institute
Foto di Alessio Ballerini

Una dialettica immobile, sospesa in uno spazio tempo sonoro e visivo, riconnette alla percezione di ciò che non sappiamo più vedere: l’intreccio delle vite disperse, dei volti sfregiati, dei denti che restano per ricostruire l’identità dei dispersi, ma anche la leggerezza indeterminata del possibile, il battito del cuore e il respiro dell’eccedenza in tutto ciò che resiste.

Ma se è vero che l’arte è catarsi, il suo fine ultimo non può che essere quello di restituire responsabilità alla coscienza. In questo senso, l’arte è purificatrice ma non assolve, bensì svincola dall’oblio e rivela, mai come in questo caso, quanto ferocemente rimosso.
Sembra che il fine sia stato raggiunto. “Abbiamo l’arte per non morire di verità” (F. Nietzsche).

articolo di Serena Vitulo su Transiti.net

L' Festival

Organizzato dal LabPerm di Castaldo all’interno della rassegna E/State in Svincoli Settembre 2021,  Torino

Produzione Grotowski Institute
Foto di Massimiliano Todisco

Installazione immersiva all’interno dell’ ex Cimitero di San Pietro in Vincoli